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Il pianto non è una lingua universale

DiBruno Lanata

Ott 1, 2022

Come il mondo esterno comunica con il nascituro già a partire dalla vita amniotica

Gli studi condotti da un team di scienziati dell’Università Julius-Maximilians di Würzburg, in Germania, hanno dimostrato come i vagiti emessi dai piccoli non siano tutti uguali, ma al contrario possano variare in relazione alla nazionalità e quindi alla lingua parlata dalla mamma. Così il pianto dei piccoli tedeschi risulta diverso da quello dei loro omologhi francesi, come lo è da quello dei loro colleghi cinesi.

La scoperta è frutto di uno studio che ha visto ricercatori di diversi paesi impegnati ad analizzare, tramite spettrogramma, lo spettro sonoro dei vagiti di bambini di diverse nazionalità.

È stato quindi notato come i neonati francesi piangano con un andamento melodico ascendente, assolutamente assimilabile a quello della lingua della madre. Viceversa, nei bebè tedeschi è stata riscontrata una curva melodica discendente, in cui i suoni si dispongono su una scala che va dall’alto verso il basso, propria ai gruppi linguistici germanici. Dal punto di vista percettivo, la curva melodica contribuisce all’impressione di maggiore o minore musicalità di una lingua. In pratica, le lingue tonali, come il cinese o il francese, danno vita a pianti più melodici e fluttuanti rispetto a quelle dure come il tedesco.

La scoperta è frutto di uno studio che ha visto ricercatori di diversi paesi impegnati ad analizzare, tramite spettrogramma, lo spettro sonoro dei vagiti di bambini di diverse nazionalità. È stato quindi notato come i neonati francesi piangano con un andamento melodico ascendente, assolutamente assimilabile a quello della lingua della madre. Viceversa, nei bebè tedeschi è stata riscontrata una curva melodica discendente, in cui i suoni si dispongono su una scala che va dall’alto verso il basso, propria ai gruppi linguistici germanici. Dal punto di vista percettivo, la curva melodica contribuisce all’impressione di maggiore o minore musicalità di una lingua. In pratica, le lingue tonali, come il cinese o il francese, danno vita a pianti più melodici e fluttuanti rispetto a quelle dure come il tedesco.

Un ulteriore, importante aspetto messo in luce da questa ricerca è che l’apprendimento della lingua avviene molto prima della nascita. Per cui il neonato non è una sorta di tabula rasa, ma già nel periodo fetale inizia a sviluppare un’attività mentale basata sull’ascolto.

Protetto nel grembo materno, il nascituro vive un’esperienza uditiva immersiva in cui può chiaramente percepire la voce della madre. Questa vibra nella laringe, poi passa attraverso la colonna vertebrale e il liquido amniotico per raggiungere, infine, l’orecchio del feto. Una voce che lungo il percorso mantiene inalterati il timbro e l’intonazione. Quella stessa sonorità melodica che il bambino ritroverà, solo leggermente modificata, nelle parole della madre dopo la nascita. Mentre, attraverso il filtro della parete addominale, il feto può percepire i rumori esterni, i suoni ambientali e il tono della voce – per esempio – dei fratelli e del padre. In questo modo il piccolo, durante la vita amniotica, impara a riconoscere i sentimenti della mamma, e con lei e attraverso di lei si accosta alla vita affettiva ed emotiva dell’ambiente che lo circonda.

Una realtà che era già nota in molti paesi orientali dove – anticipando i risultati di queste recenti scoperte – esiste da tempo l’usanza che il padre e i fratelli parlino al nascituro rivolti verso il grembo materno, così da trasmettergli conoscenze ed emozioni. Mentre, per contro, era sconsigliato sottoporre il feto a esperienze uditive spiacevoli, che avrebbero potuto produrre un effetto traumatico. (ACR)

Articolo pubblicato su: ARTEMEDICA – ANTROPOSOFIA OGGI – iscritta al tribunale di Milano al n. 773 – registro stampa, 12.10.2005 – iscrizione al ROC n. 32904 – Direttore Responsabile: Cris Thellung – Direzione Culturale: Paulette Prouse – Redazione: Anna Chiello – Bruno Lanata – www.artemedica.editricenovalis.com – www.fondazioneartemedica.com